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La verità è che non ridiamo mai abbastanza

Cap. 1 Lo spazio neutro 


La verità è che non ridiamo mai abbastanza.

Perché? Semplice: il più delle volte non abbiamo un motivo per farlo.

E allora dobbiamo crearlo, quel motivo.

Possiamo iniziare da un gesto minimo: smettere di essere arrabbiati per ogni cosa.

La quotidianità, spesso senza che ce ne accorgiamo, ci trascina in piccoli scontri continui. Non sempre fisici, certo — a volte solo verbali, ironici, ma pur sempre urti.

Perché la vita è frenetica, e noi abbiamo perso il controllo da un pezzo.

Il guaio è che ancora non lo sappiamo.

E allora che fare?

Rallentare.

Lasciare andare la tensione del viso, rilassare i muscoli.

Sollevare piano gli zigomi e — come per magia — eccolo lì, un sorriso.

Forse piccolo, forse incerto, ma vero.

E da lì si può ricominciare.

La parte più difficile, però, deve ancora arrivare: custodire quel sorriso anche quando il mondo prova a spegnerlo.

Già, perché il mondo è fatto così: quando trovi la tua serenità, qualcuno — forse per invidia — proverà a portartela via.

Ma cos’è, davvero, l’invidia?

Un veleno lento che corrode lo spirito di chi la nutre, non di chi la subisce.

E allora perché voler essere qualcun altro, se puoi diventare la versione più vera di te stesso?

Non serve rubare i sogni altrui: ognuno può crearne uno proprio, su misura, cucito addosso alla propria anima.

Un sogno che non ha bisogno di confronto per essere reale.

Tentare di realizzare i propri sogni non è semplice, lo ammetto.

A volte fa paura lanciarsi nel nuovo.

È più facile restare al sicuro, dentro ciò che conosciamo, anche se ci stringe un po’.

Uno spazio che chiamiamo “casa”, ma che spesso è soltanto uno spazio neutro: familiare, prevedibile, eppure incapace di farci crescere.

Immagino lo spazio neutro come una scatola vuota.

Le pareti, bianche e silenziose, si assottigliano man mano che si alzano, finché non si perdono in un soffitto che non esiste.

C’è un fondo — saldo, concreto — ma nessuna via d’uscita ai lati. Solo in alto, una possibilità.

E lì, sul bordo, un bambino.

Il mio io interiore.

Guarda dentro quel bianco con la meraviglia e il timore di chi non sa se il vuoto che osserva lo inghiottirà… o lo farà diventare l'uomo o la donna che intende essere.

Già. Guardiamo sempre al futuro.

Ci affanniamo per ciò che potrà essere, dimenticando la cosa più preziosa: ciò che è adesso.

Il presente.

Quello spazio neutro che possiamo riempire con ciò che amiamo, con ciò che ci fa stare bene ora.

Perché, in fondo, cos’è il futuro se non il prolungamento silenzioso del presente?


E se il presente è d’oro, il futuro non potrà che brillare della sua stessa luce.

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